Dal sito del Corriere di oggi:
Rogo di Torino, indagati tre manager
Sotto inchiesta anche la ThyssenKrupp per omicidio e disastro colposi
TORINO — Non soltanto le persone, ma anche l’azienda, la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni, la consociata italiana del grande gruppo leader dell’acciaio in Italia. Il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello ha iscritto nel registro degli indagati i tre manager responsabili degli stabilimenti italiani guidati dal tedesco Harald Espenhahn con Gerald Priegnitz e Marco Pucci. Le ipotesi di reato sono pesantissime: omicidio colposo, lesioni colpose e disastro colposo. E mentre nei due ospedali torinesi Giuseppe De Masi e Rocco Marzo lottano con la morte in condizioni disperate, così come Rosario Rodinò, trasferito a Genova, la magistratura ha sequestrato la «scatola nera » che contiene alcuni dati relativi al funzionamento della linea 5, quella dove mercoledì notte è scoppiato l’incendio che, finora, è costato la vita a quattro operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino.
Nel computer sarebbe registrato un guasto elettrico avvenuto due ore prima del rogo. Nel mirino dei magistrati — con Guariniello lavorano le due pm Laura Longo e Francesca Traverso — ci sono anche gli oltre 300 estintori dello stabilimento torinese, che in parte sono stati trasportati nella caserma dei Vigili del fuoco per verificare se, come alcuni operai hanno raccontato, dopo essere stati usati per piccoli incidenti non erano stati più ricaricati. Strazianti le testimonianze dei parenti e degli amici delle vittime. «Mio figlio era felice di lavorare — racconta Maria De Masi, madre di Giuseppe — e si fermava anche più a lungo del suo orario, perché questo era il suo primo lavoro "vero", iniziato con un contratto di formazione». A tre chilometri di distanza, alle Molinette, Rocco Marzo, lotta per sopravvivere.
Ma c’è chi ancora non riesce a capacitarsi, come Pina, la vedova di Schiavone, il primo a perdere la vita nell’acciaieria: «Non posso pensare alle mie bambine senza papà, ho provato a dirglielo e loro non mi hanno creduto, "mica era vecchio", mi hanno detto... Mio marito mi raccontava le disgrazie dei compagni, i rischi del lavoro, quelli che in passato erano rimasti feriti... Ora non so come fare senza di lui». E la madre di Rodinò, da Genova, aggiunge la storia di un destino beffardo: «Mio figlio non doveva essere in fabbrica, si è scambiato di turno con un compagno. Rosario ci aveva già raccontato quello che succedeva là dentro, ha parlato anche di esplosioni». Ieri, anche il vescovo, cardinal Severino Poletto, ha fatto visita a De Masi e a Marzo, raccogliendosi in preghiera assieme ai familiari. Una preghiera di speranza, che non cancella tuttavia il monito del prelato: «Prego Dio che non si sia trattato di inadempienza umana ».
Vera Schiavazzi
09 dicembre 2007